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Dilettanti ed esperti sono invitati a sbizzarrirsi in cucina e raccogliere fondi nei modi più creativi.
Edible Masterpieces", capolavori commestibili, è la nuova iniziativa di fundraising promossa dall'organizzazione di beneficenza inglese Art Fund per finanziare i musei e le gallerie britanniche.
Non è necessario essere dei pasticceri provetti per partecipare, basterà affidarsi alla creatività, realizzando torte e altri cibi dolci o salati che somiglino ad un'opera d'arte.
Sul sito è disponibile una lista di golosi suggerimenti, corredati da dettagliate ricette che spaziano dal Pollock di riso soffiato al Van Gogh in insalata, così che ognuno possa sentirsi libero di esprimere al meglio il proprio "gusto" artistico.
egistrandosi, i partecipanti riceveranno un kit contenente volantini e istruzioni per organizzare, tassativamente venerdì 9 maggio, un evento gastronomico. Le creazioni potranno partecipare a tombole, esposizioni private o semplici vendite, qualsiasi espediente insomma che possa generare fondi da devolvere ad Art Fund. Quelli che perverranno entro il 30 giugno 2014 consentiranno anche ai cuochi di vincere premi di ringraziamento.
Il ricavato permetterà alle istituzioni culturali d'oltremanica di acquistare o esporre al pubblico importanti opere d'arte, dai Picasso del National Museum Wales e i Constable della Tate, agli ori e gli argenti dello "Staffordshire Hoard" conservati a Birmigham e a Stoke, fino ai capolavori di Tiziano delle National Galleries of Scotland.
ROMA, 5 MAR - "Sono tenacemente orgoglioso di essere italiano e di essere figlio della scuola di questo paese", dice Riccardo Muti, premiato con la Medaglia d'oro alla cultura italiana in Argentina. "Tutto il sistema della cultura va cambiato, il ministro da solo può fare poco", sottolinea il maestro, convinto che la cultura sia "la nostra arma più grande: per questo sono stanco di leggere sui giornali solo che continuano a cadere pezzi a Pompei e non che è uno dei siti più importanti della nostra storia".
Un Doodle in versione affresco campeggia oggi sulla home page di Google per festeggiare il 318esimo anniversario della nascita di Tiepolo, sublime pittore del Settecento veneziano, avvenuta nella città lagunare il 5 marzo 1696.
Apollo e i quattro continenti
Affresco che pare tratto da una delle opere più famose del maestro veneziano, “Apollo e i quattro continenti”, celeberrimo dipinto che domina il soffitto dello scalone della residenza di Wurzburg, in Baviera: un’unica scena con i punti di vista che cambiano mano mano che si sale sullo scalone.
Dalle prime esperienze nella bottega dell’eclettico Gregorio Lazzarini, il talento del Tiepolo è sempre in ascesa e negli anni della maturità lo incoronerà maestro del rococo’ e ultimo grande protagonista della decorazione monumentale in Europa. Tiepolo lavorò in Italia e all’estero, lasciando nelle sue numerose opere una eccezionale capacità di assorbire con naturalezza le intonazioni stilistiche dai più differenti pittori, rielaborandole poi con la propria sensibilità e maestria, sempre alla ricerca di un inedito rapporto forma-luce-colore che mirasse a esaltare il plasticismo della figura umana. Grazie a lui la tradizione decorativa veneziana tornò a imporsi sulla scena artistica del suo tempo. Tra le opere più significative dell’evoluzione della sua arte vi sono gli affreschi del palazzo arcivescovile di Udine (1726-30), le tele per la Scuola del Carmine a Venezia (1743), uno dei suoi capolavori, e gli affreschi per la residenza di Carlo Filippo di Greiffenklau a Wurzburg (1751-53).
Poco più di un anno di lavoro. Trenta restauratori impegnati. Una cooperazione internazionale tra Ambasciata di Francia, ministero dei beni culturali e il World Monuments Fund Europe, la più grande organizzazione internazionale privata dedicata alla tutela dei monumenti storici nel mondo. E il Trionfo d'amore di Bacco e Arianna tornerà a splendere con la grande festa di dei, angeli, ninfe e miti che li circonda. Dopo tre anni di attesa, partirà il 15 marzo il restauro della Galleria dei Carracci a Palazzo Farnese, capolavoro del barocco realizzato tra il 1597 e il 1608 da Annibale Carracci insieme al fratello Agostino e da molti considerato la sua "risposta" alla Cappella Sistina di Michelangelo. "Tutto il Palazzo è un capolavoro", racconta all'ANSA Erkki Maillard, ministro-consigliere dell'Ambasciata di Francia, che a Palazzo Farnese ha la sua sede. "La Galleria dei Carracci - spiega - è per noi un luogo di lavoro quotidiano, ma anche una testimonianza del genio della cultura europea".
Venti metri di lunghezza per sette di larghezza, la Galleria (in piena Roma della Controriforma) fu commissionata in occasione del matrimonio di Ranuccio Farnese e Margherita Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII, come luogo privato di passeggiate. In un gioco di materiali e trompe l'oeil, la stupefacente volta a botte interamente affrescata inaugurò un nuovo rapporto tra pittura e poesia con scene degli Amori degli Dei, ispirati alle Metamorfosi di Ovidio. Al centro, il Trionfo di Bacco e Arianna, circondato da finti quadri "riportati", ispirati a Raffaello, e da Ignudi che ricordano la Sistina di Michelangelo. Un capolavoro sul quale si è già dovuto intervenire a più riprese sin dalla fine del Seicento, quando i lavori furono affidati a Carlo Maratta, fino all'operazione urgente del '94 sulla volta che minacciava di crollare. E che oggi appare nuovamente minacciato da crepe, sollevamenti e infiltrazioni.
"Per secoli questa è stata il modello di tutte le gallerie d'Europa - spiega Bertrand du Vignaud, presidente del WMF Europe -. Negli affreschi c'è una grandissima poesia e non escludiamo che i lavori possano riservare alcune sorprese, rivelando particolari finora non noti". Affidata con gara d'appalto al consorzio ATI Farnese, "l'operazione di restauro costerà 800 mila euro, coinvolgerà un team di 30 restauratori e riguarderà pulitura e stabilizzazione della volta. Il finanziamento - aggiunge - arriva in gran parte dall'America, grazie al sostegno del Robert W. Wilson Challenge to Conserve our Heritage e della Fondation de l'Orangerie et ses donate...
Giovedì 3 ottobre, nella sede di via Piave dell’Archivio di Stato di Torino, inaugura l’esposizione “Casimiro Teja, sulla vetta dell’umorismo”. Stampe originali, illustrazioni e tavole pubblicate dalle numerose riviste con cui collaborò, racconteranno l’arte del “principe dei caricaturisti piemontesi” vissuto a Torino a metà dell’Ottocento.
Particolare rilevanza sarà data ad un album di schizzi inediti recentemente ritrovato e acquistato da un collezionista, presentato per la prima volta al pubblico come testimonianza unica del suo modo di lavorare. Tra gli altri lavori di notevole interesse, i visitatori potranno anche ammirare il celebre “Viaggio da Torino a Roma”, reportage giornalistico realizzato da Teja in un’unica strisce di oltre tre metri per raccontare il trasferimento della capitale del Regno d’Italia e pubblicato in un volumetto dal “Pasquino”, settimanale satirico di cui fu direttore e che gli regalò popolarità su scala nazionale.
Klimt – Alle origini di un mito: è questo il titolo della mostra in programma a Milano a Palazzo Reale dal 12 marzo al 13 luglio 2014. Il capoluogo lombardo, dunque, accoglierà una imperdibile selezione dei capolavori di uno degli artisti più importanti e al tempo stesso innovativi dell’Europa dell’Ottocento: più di cento opere, la maggior parte delle quali in arrivo dal Museo del Belvedere di Vienna, saranno a disposizione dei visitatori che vorranno ammirare l’estro e la creatività del pittore austriaco.
La mostra dedicata a Klimt intende illustrare il percorso artistico complessivo del maestro, a partire dagli esordi (che possono essere ascritti alla scia della tradizione aulica) per arrivare fino al periodo della Secessione Viennese: basti pensare alla ricostruzione del famoso Fregio di Beethoven.
E ancora, spazio ai lavori del periodo aureo e di quello successivo, in cui si può già intuire l’influenza dei Fauves e di Matisse, oltre che di Egon Schiele, suo allievo. Teorico della Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale, Klimt verrà onorato e celebrato con una mostra a Palazzo Reale che si avvarrà, tra l’altro, di opere come Acqua Mossa, Giuditta di Ca’ Pesaro, Girasole e Adamo ed Eva.
Un modo per osservare da vicino un’arte che ha lasciato un’impronta incancellabile nella storia culturale degli ultimi secoli, con le sue particolarità cromatiche e le sue luci speciali. La mostra di Palazzo Reale è organizzata con la collaborazione del Museo Belvedere di Vienna, ed è curata da uno dei più famosi studiosi di Klimt, Alfred Weidinger, supportato da Eva di Stefano.
L’esposizione si propone, tra l’altro, lo scopo di esplorare i rapporti familiari del pittore austriaco, a partire dai legami – sia personali che professionali – con Georg ed Ernst, suoi fratelli. Ma grazie all’evento di Palazzo Reale si avrà anche l’occasione di conoscere gli inizi della carriera di Klimt, sviluppatisi alla Scuola di Arti Applicate a Vienna, così come il suo amore per la musica e per il teatro.
Il percorso espositivo sarà chiuso dalla già citata ricostruzione originale del Fregio di Beethoven, esposto a Vienna nel 1902, dentro il Palazzo della Secessione. Insomma, tanti temi e molteplici spunti per un’iniziativa culturale che si preannuncia tra le più importanti dell’anno a Milano: un omaggio non solo artistico, ma anche umano, a un maestro che merita di essere celebrato e fatto conoscere anche ai non appassionati di storia dell’arte.
In barba al titolo, il “Giardino delle delizie” di Hieronymus Bosch è a dir poco inquietante. L’opera, nota anche come Il Millennio, è un trittico a olio su tavola, databile tra il 1480 e il 1490, conservato al Museo del Prado di Madrid.
Ritenuto il capolavoro e l’opera più ambiziosa dell’artista, in realtà è circonfuso di un alone di mistero, alone che avvolge tutti i personaggi raffigurati, ossia fanciulle danzanti, animali fantastici, ma anche vittime torturate, demoni e anime dannate.
Le tre scene del trittico aperto sono probabilmente da analizzare in ordine cronologico da sinistra verso destra, per quanto non esista certezza per quanto riguarda questa lettura. Il pannello di sinistra rappresenta Dio quale perno dell’incontro tra Adamo ed Eva; quello centrale è una vasta veduta fantastica di figure nude, animali immaginari, frutti di grandi dimensioni e formazioni rocciose; quello di destra è invece una visione dell’Inferno e rappresenta i tormenti della dannazione.
Il periodo al quale si fa risalire il trittico fu un tempo di scoperte e avventure; fu allora che i racconti e i trofei del Nuovo Mondo colpivano le immaginazioni di poeti, pittori e scrittori… Ma c’è di più. La tela di Bosch mostra figure di creature ultraterrene e fantastiche, e la composizione si basa su ulteriori iconografie.
C’è chi come l’umanista Felipe de Guevara, collezionista di opere di Bosch e grande appassionato d’arte, indica Plinio e Antifilo quali fonti per le figure demoniache.
Interessato da una scoperta che pare clamorosa è uno dei lati oscuri dei pannelli laterali, il lato destinato ai tormenti della dannazione; qua il pittore olandese ritrae un personaggio dalle caratteristiche piuttosto insolite: sul suo corpo, in particolare sul “lato b”, è raffigurato uno spartito.
Ardue da individuare ad una prima occhiata, le note pare (qui il condizionale è d’obbligo) non siano sfuggite ad una blogger americana, Amelia, che studia all’Oklahoma Christian University. La ragazza ha dedicato nel suo blog un post alla scoperta.
La giovane studentessa americana non si è limitata a questo: per divertimento ha trascritto il testo, e lo ha riprodotto ed interpretato con l’aiuto di un pianoforte. Nel suo blog scrive: “Luke e io stavamo guardando Hieronymus Bosch ne “Il Giardino delle Delizie” ed ho scoperto, con nostro grande divertimento, la musica scritta sul retro di uno dei tanti abitanti torturati del pannello a destra del dipinto, quello destinato a rappresentare l’inferno”.
Ma una volta ingrandita la tela ad Amelia tutto appare chiaro: nel trittico di Bosch a sinistra quella che lei chiama “sheet music”, scritto sul ...
Il MoMA (Museum of Modern Art) di New York, con una collezione permanente di oltre 150.000 opere, è la più grande e la più nota istituzione museale d’arte moderna del mondo: fortemente voluto dalla famiglia Rockefeller, inaugurato nel novembre del 1929, il museo, dopo alcune soste in sedi provvisorie, è approdato definitivamente nella sua ultima sede ufficiale, l’edificio progettato nel 1939 da Philip Godwin ed Edward Durrel Stone secondo l’allora imperante “International Style”.
Ristrutturato nel 2004 dal giapponese Yoshio Taniguchi, vincitore del concorso davanti a molti concorrenti di primissimo ordine quali Bernard Tschumi e Rem Koolhaas, grazie ad un investimento di 858 milioni di dollari il nuovo MoMA raggiunge una superficie espositiva di 12.000 metri quadrati, annoverando dipinti dei più prestigiosi artisti del ‘900, Boccioni, Dalì, Cezanne, Chagall, Degas, Monet, Picasso, Pollock, Van Gogh, Kandinskij, di cui più di 70.000 catalogati con schede personali, oltre a sculture, disegni, fotografie, 300.000 libri e periodici, un tesoro artistico ineguagliabile nel cuore della Midtown Manhattan, sulla 53° strada, tra la Quinta e la Sesta Avenue.
Taniguchi riprogetta il museo come uno spazio polivalente e flessibile, punto di snodo delle molteplicità delle relazioni in una società globale multietnica, mediatore culturale tra funzioni eterogenee e significati diversi, non solo urbanistici e architettonici, ma anche sociali e civili. Accantonato il concetto del museo-contenitore, del museo-mausoleo affidatario di una cultura autoreferenziale e codificata ufficialmente autorizzato a collezionare-conservare-esporre, a gestire e dispensare i saperi attraverso reliquari archivistici e depositi istituzionalizzati, il museo di Taniguchi si riconfigura come ‘public architecture’, strumento di incentivazione e mediazione della genesi di aggregazione comunitaria in grado di svolgere un ruolo attivo nelle dinamiche culturali e sociali del luogo in cui si colloca. Con questa operazione, il MoMA si mette in linea con i più moderni criteri organizzativi della museologia contemporanea, dove “si registra uno spostamento dell’interesse dalle funzioni tradizionali del museo verso una considerazione teorica della museologia, intesa come scienza umanistica e sociale, appartenente al settore degli studi culturali e della teoria critica.” (“La nuova identità antropocentrica dello spazio museale”, Efthalia Rentetzi, 2009).
La ristrutturazione di Taniguchi prevedeva la possibilità di smaltire l’impatto di due milioni di visitatori all’anno, cifra ben presto superata ed attestatasi a tre milioni, ciò che ha ...
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